Siete interessati in casi di cronaca nera? Siete appassionati di true crime oppure solo curiosi di esplorare alcuni casi più nel particolare? Allora continuate a leggere perché questo articolo fa per voi! Domenica 29 ottobre, ho avuto la possibilità di assistere ad un incontro con il giornalista Stefano Nazzi, ospitato al FIPILI Horror Festival. Esperto di casi di cronaca nera italiana e non, è stato concesso al pubblico di assistere ad un’intervista sul suo nuovo libro Il Volto del Male, pubblicato proprio quest’anno.
In questo post, vorrei presentarvi l’autore e il suo lavoro, dandovi alcune delle mie impressioni sugli spunti di riflessione da lui tirati fuori durante l’intervista. Inoltre, arrivate fino alla fine dell’articolo per avere un anticipo su uno dei prossimi post su cui sto lavorando.
Detto questo, vi auguro una buona lettura.
Il festival
Il FIPILI Horror Festival di Livorno, giunto alla sua dodicesima edizione nel 2023, è un festival unico che celebra la paura attraverso cinema, letteratura e arte contemporanea. L'evento presenta anteprime di film di genere horror, thriller, fantastico e di fantascienza, proiezioni di cortometraggi, incontri con ospiti nazionali e internazionali, letture di opere letterarie, masterclass e laboratori creativi. Oltre a ciò, il festival include concorsi per cortometraggi, racconti e poesie a tema che hanno come tema la paura, e coinvolge attivamente giovani autori e studenti delle scuole superiori di Livorno. In passato, il festival ha ospitato numerosi artisti di rilievo nel campo del cinema e della letteratura.
Stefano Nazzi: Il Volto del Male
Stefano Nazzi è un giornalista noto per la sua vasta esperienza nel campo della cronaca e dell'attualità. Ha lavorato per importanti testate nazionali, concentrandosi su una varietà di casi di risonanza pubblica, compresi quelli meno noti. Attualmente, svolge il ruolo di narratore della cronaca e dell'attualità per Il Post e ha guadagnato notorietà come l'ideatore e l'autore del popolare podcast Indagini, che si classifica ai primi posti delle classifiche. Inoltre, il 9 maggio 2023, ha pubblicato il suo libro intitolato Il Volto del Male con la rinomata casa editrice Mondadori.
La premessa del libro è particolarmente interessante, in quanto è facile identificarsi nella curiosità che l’autore cerca di suscitare nei lettori. Spesso ci chiediamo: Perché l'hanno fatto? di fronte a delitti feroci, specialmente quando sembrano insensati. È naturale pensare che il male sia collegato alla follia o a un improvviso impulso omicida, ma la realtà è più complessa. Stefano Nazzi ci dimostra che ogni atto violento, anche quello improvviso, ha radici nel tempo.
Nel suo libro, Nazzi racconta dieci storie inquietanti di persone colpevoli di delitti efferati in Italia. Questi individui, noti e meno noti, diventano dei mostri senza che nessuno sospetti cosa stia accadendo intorno a loro. Il male si diffonde come un sasso lanciato in uno stagno, causando dolore a vittime e a coloro che le circondano. I cerchi del male non scompaiono rapidamente, a volte durano per sempre.
L’intervista
Come ho anticipato nell’introduzione, durante l'incontro il giornalista e scrittore Stefano Nazzi ha affrontato i casi più efferati della cronaca italiana degli ultimi 40 anni, prendendo spunto dal suo recente libro Il Volto Del Male, pubblicato nella collana Strade Blu di Mondadori. L'evento è stato moderato da Michele Innocenti ed Enrico Battocchi. Stefano Nazzi, noto protagonista e curatore del popolare podcast Indagini su Il Post, ha condiviso approfondimenti su questi casi, offrendo un'analisi dettagliata delle storie di crimini che hanno scosso l'Italia. Durante l’intervista, ha offerto alcune informazioni sul suo metodo di lavoro, l’influenza dei media sui casi di cronaca nera e anche alcuni dettagli più tecnici sui sistema giudiziario, facendo esempi concreti. Nei prossimi paragrafi, raccoglierò alcuni dei punti principali trattati dall’autore.
Quali sono i poteri conferiti ai media e ai giornali nei casi di cronaca nera?
Uno dei temi trattati più a lungo nell’intervista sono i metodi tradizionali e non di informazione, compresa l’influenza che possono avere addirittura in una risoluzione di un caso. Secondo Stefano Nazzi, i media e i giornali hanno il potere di trasformare il pubblico in una giuria informata nei casi di cronaca nera, fornendo informazioni dettagliate, suscitando empatia e coinvolgimento, offrendo punti di vista multipli e affrontando questioni sociali. Tuttavia, devono farlo con responsabilità per evitare pregiudizi e sensazionalismo. Il loro ruolo è cruciale per informare e coinvolgere il pubblico, che trarrà le proprie conclusioni a partire non solo dai dettagli forniti loro dai media ma anche in base alla maniera in cui sono presentati.
Un altro tema importante emerso dall'intervista è il potere dei media di riguadagnare sentenze e risolvere casi. Molti serie e podcast dedicati a casi irrisolti o ingiustizie legali hanno dimostrato la capacità di influenzare le opinioni pubbliche, portando alla rivalutazione dei casi da parte delle autorità competenti. A detta di Nazzi, però, va fatto con un criterio preciso. Lui non crede nel principio di “la sentenza non va criticata e va rispettata.” Va sicuramente rispettata, come dice lui, e non si può giudicare sulla base di una percezione personale, ma quando le prove sono concrete, allora bisogna metterla in discussione.
Un altro aspetto abbastanza nascosto dell’influenza dei media che trattano cronaca nera, si concentra sulla natura umana stessa. Il giornalista, infatti, giustifica l’interesse delle persone in casi cruenti con l’innata curiosità che tutti hanno. Infatti, le persone che si interessano a questo genere non hanno un “lato oscuro” nascosto, ma a volte si informano anche semplicemente per rassicurasi, per capire un fenomeno talmente violento e minoritario della quotidianità, che altrimenti risulterebbe spaventoso e incomprensibile.
Quali sono i rischi dei media nei casi?
Pur lavorando nel mondo dei podcast e dei giornali, Stefano Nazzi riconosce i pericoli e i lati negativi dei media nei casi di cronaca nera.
A suo avviso, non è per nulla strano trovare una serie di articoli falsi sulla risoluzione di casi che in realtà non hanno ancora una conclusione. Un esempio emblematico è il caso di Emanuela Orlandi, che non è ancora stato risolto nonostante i numerosi titoli che promettono la verità, ma che poi si rivelano fake news.
Spesso, i media costruiscono narrazioni per ottenere notorietà o guadagni, generando notizie non verificate sulla risoluzione di casi o semplicemente su dati non accertati. Questo fenomeno compromette l'obiettività e l'accuratezza delle informazioni fornite ai lettori e spettatori. Il motivo è l’idea di presentare un caso in una maniera che possa attirare l’interesse delle persone. Secondo Nazzi, è senza dubbio fondamentale che i media trovino un metodo per riuscire ad arrivare a un pubblico sempre più ampio, ma questo non deve mettere in secondo piano il rispetto della verità, al fine di evitare la costruzione di narrazioni che distorcano la percezione dei casi di cronaca nera.
Infatti, come lui dice nell’intervista, a volte le motivazioni dietro atti cruenti non sono per nulla clamorose. Cita l’esempio di tre ragazze che uccidono a sangue freddo per nessun motivo apparente. E sapete perché l’hanno fatto? Erano annoiate. Nulla di più, nulla di meno. È irrealistico immaginarsi che Tuttle le storie abbiano un movente scioccate, dato che a volte il percorso che porta a questi atti è alquanto banale.
Quali sono le analogie tra il sistema giudiziario americano e quello italiano?
Come è stato menzionato più volte da Nazzi durante l’intervista, il sistema giudiziario italiano e americano sono molteplici. Tuttavia, esistono anche analogie degne di nota. Ad esempio, in entrambi i sistemi, la figura dell'avvocato è centrale per la vittoria di un processo. È proprio questo fattore che causa alcuni casi di ingiustizia nella rappresentazione di una persona accusata o vittima. Infatti, i costi di un avvocato sono estremamente elevati e non tutti se ne possono permettere uno sufficientemente competente.
Un esempio citato dal giornalista per illustrare questo punto è il caso di O.J. Simpson. Si tratta di un caso controverso, che ha fornito una visione chiara del sistema giudiziario americano. In America, la narrazione e la presentazione di un caso possono essere talvolta più importanti delle prove stesse, creando spesso dibattiti pubblici accesi. Nel sistema italiano, la procedura legale tende a essere meno centrale, con una maggiore enfasi sulle prove concrete e una minore attenzione alla narrazione mediatica. Chiaramente, non tutti i casi si conformano a questi principi, ma il ruolo cruciale degli avvocati influenza profondamente la pratica legale in entrambi i paesi.
Qual è il ruolo del cinema e della televisione nella presentazione dei casi?
In un festival incentrato sul mondo del cinema e dello spettacolo, risulta automatico il collegamento tra il lavoro di un giornalista e le rappresentazioni dei casi in film e serie TV.
A detta di Stefano Nazzi, il cinema e la televisione svolgono un ruolo significativo nella presentazione dei casi di cronaca, ma possono anche influenzare la percezione della realtà. La rappresentazione di una persona attraverso video o film può distorta, portando spesso a una visione falsata rispetto alla realtà. La fiction in queste rappresentazioni segue spesso una trama lineare, mentre nella realtà, i casi spesso si sviluppano in modo caotico e richiedono tempi più lunghi di quelli abbreviati per la narrazione televisiva. Ci sono errori, momenti di stallo e indagini sviate che sicuramente vengono tagliate fuori dalla narrazione pianificata di un film.
Inoltre, gli è stato chiesto se preferisca rettare casi a caldo o a freddo. A questa domanda ha risposto dicendo che, secondo lui, trattare casi in tempo reale può portare a speculazioni e narrazioni distorte che possono sviare la comprensione dei fatti e modificare l’opinione pubblica sulla base di prove non verificate. In questo modo, il caso perde ogni suo carattere di verosimiglianza e diventa una storia televisiva, lontana dalla realtà e aperta a interpretazioni personali. Per questo motivo, preferisce trattare casi a freddo e pensa anche che sia meglio che questo avvenga anche nella creazione di serie TV e film, così da avere a disposizione tutte le informazioni accertate.
Com’è veramente il mondo dei podcast?
Oltre che informazioni relative alla realtà del giornalismo e della cronaca nera, Stefano Nazzi, si è apprestato a fornire dettagli relativi al mondo del podcast dietro le quinte.
In particolare, gli è stato domandato se ci fossero delle tensioni o dei conflitti tra diversi podcast che trattano temi simili ai suoi. Lui, però, non tarda a smentire quest’idea, dicendo che la realtà creata dal pubblico è completamente manufatta, dato che non esistono particolari competizioni o invidie, al contrario. Ammette di prendere ispirazione da alcuni suoi colleghi e di ammirarli, riconoscendo le differenze di stili tra di loro.
Infine, Stefano Nazzi ha annunciato al pubblico che, dopo innumerevoli richieste, uno dei prossimi casi che tratterà nel suo podcast sarà il Mostro di Firenze. Aggiunge anche che, se avesse avuto la possibilità di assistere a un processo nella storia della cronaca nera, avrebbe probabilmente scelto proprio questo caso.
Le mie impressioni
Non conoscendo nel particolare né il lavoro di Nazzi né il mondo del podcast, ho deciso di assistere all’intervista guidata solamente dal mio interesse per la cronaca nera. Inutile sottolinearlo, non posso dire di essermene pentita.
L’autore ha offerto al pubblico una visione più dettagliata dei casi più famosi della storia italiana e non, mettendoli in relazione con aspetti della vita che a volte diamo per scontato, come la rappresentazione sui social media, sui giornali o nel mondo del cinema. Ha messo in luce l’importanza dell’obiettività senza ignorare la necessità di fare appello alla curiosità umana, ma comunque tenendo in conto la responsabilità di giornalisti, scrittori e altre personalità dei media nella presentazione dei casi di cronaca nera.
L’incontro mi ha dato diversi spunti di riflessione e, essendo interessata al mondo del cinema e della fiction, mi sono interrogata particolarmente sul ruolo della televisione nella rappresentazione di questi casi. E no, non sto parlando dell’influenza che hanno sulla percezione della narrazione. Mi sono soffermata sulle implicazioni etiche coinvolte nelle serie TV e nei film incentrati sulla figura di un criminale, spesso di un serial killer. Spesso mi è capitato di approfondire le biografie degli assassini a cui hanno dedicato delle serie. Sommando le diverse esperienze ho notato un’analogia tra questi individui: il loro narcisismo e il desiderio, esplicito o meno, di essere ricordati e immortalati nel tempo. Con questa consapevolezza in mente, viene automatico domandarsi quanto sia giusto incentrare dei film o serie TV sulle loro vite. È chiaro che alcuni di loro volessero essere conosciuti, non importa se per azioni negative o meno. Perciò la mia domanda è questa:
È eticamente giustificato rappresentare serial killer nel mondo del cinema e della televisione?
Seguitemi per scoprire la risposta e leggere il mio articolo al riguardo.